San Casciano rappresenta la porta settentrionale del Chianti per chi arriva dall'Autostrada del Sole percorrendo dal casello di Firenze-Certosa la Superstrada del Palio o l’antica via Cassia. Le sue origini affondano nel periodo romano, come stazione di posta al decimo miglio. Il paese domina dai suoi 310 metri le valli della Greve e del Pesa, in splendida posizione panoramica.
Le campagne di San Casciano (foto flickr.com/photos/terzocchio/)
Per la Repubblica Fiorentina San Casciano era un importante punto di difesa avanzato della città e per questo motivo venne fortificato con poderose mura e un mastio. Quando però Siena cadde, si cominciò pian piano a demolire le grandi mura costate al Granduca Cosimo ben 35.000 fiorini d’oro, una cifra enorme per l’epoca. Con l’unità del Granducato, San Casciano conobbe un periodo prospero e tranquillo. Nel 1891 il paese venne unito a Firenze da una tranvia a vapore e il suo sviluppo economico non conobbe più sosta. Vini, oli di qualità e una tipografia piuttosto importante a livello nazionale, le Officine Grafiche Stianti, rappresentavano le risorse di spicco dell’industriosa cittadina. Il 26 luglio 1944 un disastroso bombardamento alleato ridusse il paese quasi a un cumulo di macerie, ma la rinascita fu repentina: oltre alle vecchie attività economiche, si sono oggi aggiunte quella del turismo (soprattutto degli agriturismi) e quella bancaria: San Casciano è infatti sede della Banca di Credito Cooperativo del Chianti Fiorentino. Attualmente il paese, data la sua vicinanza al capoluogo toscano, si è notevolmente sviluppato e le sue case sono diventate ambite dai fiorentini che vogliono sfuggire al caos cittadino e da ricchi stranieri che pur amando la tranquillità della campagna toscana, vogliono raggiungere velocemente la città per partecipare ad eventi mondani. Per questo motivo il costo degli immobili a metro quadro nel comune di San Casciano è uno dei più alti d’Italia!
San Casciano in Val di Pesa (foto flickr.com/photos/muffinmummy/)
All’interno del paese si possono visitare alcune chiese interessanti, fra cui la Collegiata dedicata a San Cassiano di Imola, posta sul punto più alto del paese, là dove si incrociavano le due antiche strade romane, la Cassia e la Volterrana. Più volte rifatta, quella attuale, di un dignitoso stile neoclassico, risale al 1793. L’interno è spazioso, a 5 navate e conserva nell’altare maggiore un crocifisso ligneo di Baccio da Montelupo.
La piccola chiesa della Misericordia costruita nel 1355 è ricca di opere d’arte tra cui dipinti di Simone Martini, Matteo Rosselli, Lodovico Carati e Jacopo Vignali.
La Chiesa del Gesù, distrutta durante la guerra, è stata ricostruita e adibita a Museo di Arte Sacra: raccoglie le opere sparse nel Vicariato e contiene dei veri e propri capolavori della storia dell’arte.
Tra le ricche dimore padronali e le lussuose fattorie dei dintorni spicca Villa Le Corti, eretta nel Cinquecento su disegno di Santi di Tito. L’elegante villa tardo-rinascimentale con cortile interno circondato da un loggiato di archi a tutto sesto e due torri ai lati della facciata, è circondata da un vasto parco all’italiana, con un viale di cipressi secolari, statue e una cappella affrescata.
La Pieve di Santa Cecilia a Decimo è probabilmente la più antica del circondario: citata in un documento risalente al 774, si chiama così perché si trova al decimo miglio della Via Cassia. Pesantemente restaurata nel 1728, dell’antica chiesa romanica resta solo la torre campanaria.
Verso Cerbaia si trova la Pieve romanica di San Giovanni in Sugana, a navata unica, con un interessante chiostro a loggiati sovrapposti; mentre nei pressi di Mercatale sorge la Pieve di Santo Stefano a Campoli. Questa chiesa romanica a tre navate ha mantenuto le sue forme, unica aggiunta un tipico portico toscano antistante la facciata che serve per ripararsi dalle intemperie. Questa chiesa doveva un tempo essere assai ricca: ne fu pievano quel Giulio de’ Medici che divenne lo sfortunato Papa Clemente VII.
La bella Pieve di San Pancrazio presenta ancora uno spiccato stile romanico con all’interno i matronei e le due absidi di derivazione lombarda. Notevole è lo studiolo con un ciclo di affreschi di Cosimo Gheri rappresentante le Arti Liberali e poeti e scienziati dall’età classica al Rinascimento.
Una sosta merita anche Sant’Andrea in Percussina, dove si trova “L’Albergaccio”, la dimora di Niccolò Machiavelli durante il suo confino. Qui scrisse Il Principe e I discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio. La caratteristica frazione è rimasta famosa per le descrizioni che ne fece il grande politico, quando passava le giornate discorrendo con i taglialegna nel bosco intorno o quando, piuttosto ubriaco, giocava a dadi nell’osteria che esiste tutt’oggi. Sant’Andrea in Percussina è inoltre sede dal 1927 del Consorzio del Chianti Classico.
Sulla strada che porta a Panzano sorge Mercatale Val di Pesa che ha conteso a lungo con Greve il primato del mercato più importante per le mercanzie del Chianti. Cuore del paese è infatti la grande piazza del mercato.
A sud di Mercatale, posto su una deliziosa collina, si trova Montefiridolfi: antico possesso della famiglia Buondelmonti, del castello, trasformato in villa padronale, restano poche tracce. Gli attuali proprietari del castello e dell’azienda agricola ad esso legata sono Lattieri e Pier Francesco Rosselli Del Turco.
Su questo colle sorgeva in età altomedievale un fortilizio che probabilmente servì come base al castello edificato dalla famiglia dei Buondelmonti. Ben presto la zona perse la vocazione militare e il maniero si trasformò in villa, aumentando le stanze, ma anche i proprietari.
Il Castello di Bibbione (foto www.castellodibibbione.com)
All’inizio del Cinquecento la villa venne lasciata in eredità a un nobile modenese, Giovan Battista Rangoni, con l’obbligo, oltre alla villa, di assumere il casato dei Machiavelli, gli antichi proprietari. Così la villa appartiene ancora oggi alla Marchesa Antonella Rangoni Machiavelli che vi produce circa 600 ettolitri all’anno di Chianti Classico. La villa serve oggi solo come azienda agricola, ma le stanze, gli affreschi, i cortili, sono stati sapientemente restaurati.
Dall’XI secolo il castello apparteneva alla potente famiglia dei Bardi, fin quando, ai primi del Trecento, passò ai Soderini che lo trasformarono in villa. Il più famoso della famiglia fu Pier Soderini, eletto Gonfalone di Firenze nel 1502. Fu lui che invitò i più grandi artisti dell’epoca, Michelangelo e Leonardo fra gli altri, a lavorare in città, ma la sua politica equilibrata venne aspramente criticata da Machiavelli che sarcasticamente disse che una volta morto, nemmeno il diavolo all’inferno lo vorrà, ma lo spedirà nel Limbo dei bambini. Passato negli ultimi secoli varie volte di mano in mano, fu acquistato tra gli altri dallo scrittore italo-americano Arnaldo La Cagnina e ultimamente dalla Icaro srl che ha impiantato una moderna azienda vitivinicola.
In epoca medievale doveva apparire come un vero castello tedesco, con un’ampia cinta muraria munita di torri che circondava un piazzale. Devastato dai ghibellini e trasformato in villa padronale, questo castello fu teatro dell’assassinio di Ugone Buondelmonti. La leggenda narra che suo fratello Giovanni corse a Firenze per cercare il colpevole e lo trovò, disarmato e supplicante, ma dietro di lui il Cristo di un tabernacolo miracolosamente piegò la testa, così Giovanni non solo graziò l’assassino, ma si fece frate. Questo crocifisso è oggi conservato nella chiesa romanica di San Miniato al Monte, sopra il Piazzale Michelangelo a Firenze. Meno edificante pare la leggenda di Caterina Picchena, moglie di un Buondelmonti, che in epoca rinascimentale fece del castello teatro dei suoi numerosi convegni amorosi. La nobile famiglia si estinse nel 1845 e il castello è oggi proprietà della Società Immobiliare Santo Spirito della famiglia Poccianti.
La costruzione di questo castello risale alla metà del XIII secolo: proprietà della Repubblica Fiorentina, il Palagio faceva parte di una linea fortificata dell’anello difensivo più prossimo a Firenze. Resisté infatti a numerosi assalti e nel 1320 venne accresciuto di dimensioni. Successivamente appartenne ai Canigiani, fino ad arrivare ai Marchesi Miniati, che sono ancora i proprietari. Il castello venne ingentilito in epoca granducale e ristrutturato nel 1910 secondo il gusto neogotico dell’epoca. Fin dagli inizi del Novecento, l’azienda agricola esportava vino e olio negli Stati Uniti. Nel 1908 il Palagio venne insignito della megaglia d’oro all’Esposizione Internazionale di Genova. A tutt’oggi il cortile del castello è considerato da molti il più affascinante del Chianti.
Si sa per certo che l'edificio fu a lungo destinato ad abitazione di monaci e alcune antiche strutture fanno pensare ad uno dei tanti conventi fortificati del Medioevo. Ma fu trasformato in villa padronale e passò in proprietà a diverse famiglie, fino agli attuali proprietari, i Colombo, che producono circa 1380 ettolitri di Chianti Classico.
Attorno alla bella torre merlata si svolge la bella villa rinascimentale, una delle più interessanti della zona. Per oltre quattro secoli proprietà della famosa famiglia degli Strozzi, nel 1911 venne venduta alla famiglia Frova che ne è anche l’attuale proprietaria nella persona del conte Antonio. Al centro di una fiorente azienda agrituristica, la villa è circondata da un signorile giardino, da una limonaia e da una galleria dove sono custoditi vecchi orci per l’olio.