Brolio circondata da imponenti bastioni esisteva già nel IX secolo. Il suo nome deriva dal germanico “broilo” che significa “orto” e ci testimonia che già al tempo del ducato longobardo di Tuscia esisteva qui uno stanziamento. Dal 1141 il castello appartiene alla famiglia Ricasoli. Già a quell’epoca l’economia di queste grandi tenute si basava sulla vite e l’olivo.
Panoramica del Castello di Brolio (foto Istituto e Museo di Storia della Scienza)
Per secoli la fortezza si trovò al centro delle contese tra Siena e Firenze. Nel 1176 il maniero venne ceduto dai senesi ai fiorentini e da quel momento la famiglia Ricasoli sarà sempre fedele alleata di Firenze.
Nel 1260 a Montaperti le truppe senesi inflissero l’ultima pesante sconfitta ai fiorentini che, ripiegando verso Firenze, passarono da Brolio e si accamparono per una notte a Vertine. Nel 1478 il castello venne in gran parte distrutto dagli eserciti di Papa Sisto IV e del re di Napoli Ferrante d’Aragona: questa guerra seguì la congiura de’ Pazzi, nella quale morì Giuliano, fratello di Lorenzo il Magnifico.
Già nel Seicento Brolio esportava vino fino in Olanda. In un documento del 1696 conservato negli archivi di famiglia, il barone Ricasoli dichiara davanti a un notaio che una botte caricata su una nave a Livorno contiene veramente vino di Brolio. Una lettera di un mercante inglese del 1722 ci fa sapere che il vino di Brolio è molto apprezzato dal Duca di Norfolk, favorito della Regina.
Nell'Ottocento a Brolio abitava il Barone Bettino Ricasoli. Dopo anni vissuti in campagna, Bettino svolse un importante ruolo politico che ne fece uno degli artefici dell’unità italiana. Nel 1859 fece votare l’annessione del Granducato di Toscana al Piemonte diventando Presidente del Consiglio del nuovo Regno d’Italia alla morte di Cavour. Veniva chiamato il “Barone di ferro” per la sua inflessibilità, ma era rispettatissimo anche dai suoi avversari per la sua integrità morale. Il suo “siamo onesti!” è diventato proverbiale.
Si racconta che Bettino fosse strabico e che avesse la fama di essere un bell’uomo, ma gelosissimo.
Una sera, sposato da poco tempo, condusse la sua giovane moglie a un ballo a Firenze, all’epoca capitale d’Italia. Avendola vista ballare troppo languidamente con un altro cavaliere, chiamò la carrozza e lasciò il ballo. Per allontanare la moglie dalle tentazioni dei salotti fiorentini, il “Barone di ferro” fece ricostruire il castello di Brolio secondo progetti che sarebbero potuti essere immaginati in un romanzo di Walter Scott. La coppia risiederà a Brolio fino alla morte.
Nel 1869 Anthony Trollope scrisse il libro “He knew he was right”. Nel romanzo uno dei personaggi versa del vino nel bicchiere di Mr, Glacork: “Mi assicurano che proviene dai vigneti del barone e che non ve ne è di migliore in Toscana. Non sono mai stato un esperto di vini, ma questo mi sembra delizioso come il più caro dei vini francesi”.
Dal 1993 il 32° Barole di Brolio, Francesco Ricasoli, dirige l’azienda di famiglia.
Si erge su un poggeto digradante verso il fiume Arbia, circondato da aspre e boscose alture. Per la sua posizione Brolio è sempre stato una sentinella avanzata a guardia del Chianti e a difesa della sua Lega. Le poderose mura progettate nel Cinquecento da Giuliano da Sangallo, lunghe 450 metri e alte 14, racchiudono il grande palazzo padronale in mattoni rossi progettato nell’Ottocento dall’architetto Marchetti, ricco di merlature e culminante in una alta torre. Gli altri edifici in pietra sono più antichi: tra questi spiccano la cappella di San Jacopo e il grande cassero che con le sue torri era la parte più inespugnabile del castello. Interessante è la passeggiata sul cammino di ronda attorno al castello e meritevole di una visita è anche la cappella, del 1348, che conserva due importanti dipinti di artisti appartenuti alle due città rivali: un polittico di scuola fiorentina e l’altro di scuola senese, attribuito a un allievo di Duccio, ambedue del XIV secolo.
Nei dintorni del castello si estende per più di 7 ettari il cosiddetto “bosco inglese”, creato alla metà dell’Ottocento da Bettino e Vincenzo Ricasoli e costituito da piante rare, perlopiù conifere: esso ci testimonia, se ancora ce ne fosse bisogno, la passione dei proprietari per la botanica.
Un quinto della tenuta è occupato dai vigneti, di cui la parte del leone la fa il Sangiovese, ma vi sono vigneti di altre uve, Merlot, Cabernet Sauvignon, Canaiolo e altri che vengono qui studiati in collaborazione con le Università di Firenze e Pisa.
Una piccola parte è dedicata anche agli olivi le cui varietà sono tipiche della Toscana e danno un olio eccellente.
Si possono visitare il giardino racchiuso dalle mura con la chiesetta di San Jacopo, mentre per la cantine è necessaria una prenotazione telefonica o tramite e-mail.
Uno degli esempi più intatti di un castello del Mille. L’Imperatore Federico Barbarossa concesse Meleto alla famiglia dei Firidolfi, da un ramo della quale discende anche la famiglia dei Ricasoli. Questo castello fu per secoli teatro di guerre tra Firenze e Napoli, Firenze e Siena, guelfi e ghibellini. Il castello è anche teatro di alcune sinistre leggende: anni or sono venne trovato nel pozzo del cortile interno un teschio e una spada.
Presente in molti documenti storici, il castello possiede una facciata interessante con una bella torre angolare, un cortile rinascimentale, sale affrescate e un teatrino settecentesco. Dalla terrazza orlata di tigli si gode una pittoresca veduta. L’azienda agrituristica produce ovviamente dell’ottimo vino.
Posto su di un colle da cui si gode un bel panorama, il Castello di Cacchiano venne costruito alla fine del X secolo dalla famiglia Firidolfi – Ricasoli lungo la linea difensiva fiorentina. Qui sono stati rinvenuti alcuni resti romani che ci testimoniano almeno l’esistenza di una loro grande fattoria. Subì tre importanti assedi: nel 1452 resisté egregiamente alle milizie aragonesi, ma nel 1478 fu espugnato e semidistrutto. Nel 1526 venne dotato nuovamente di opere di difesa che però non impedirono che nel 1530 venisse espugnato e saccheggiato dalle truppe imperiali che misero a ferro a fuoco anche il borgo.
Sembra che anche questo castello sia nato attorno al Mille, come testimoniano alcuni documenti. Dal 1203 entrò a far parte del territorio fiorentino e dovette sopportare varie incursioni dei senesi e dei loro alleati, la più difficile delle quali fu quella del 1479, ma resisté sempre. Una volta caduta Siena, anche questo castello poté finalmente godere di un lungo periodo di pace. I suoi padroni si poterono così dedicare alla cura dei vigneti. Nel Settecento la famiglia Tempi fece di Castagnoli la classica tenuta “illuminata”: si curò la gestione e lo stato dei poderi, si dette una vita dignitosa ai contadini e per questo venne lodata nel 1773 dal Granduca Pietro Leopoldo. Circondato da olivi e cipressi, il castello, di forma poligonale con spigoli arrotondati, ha addossate alcune casette che gli danno un che di pittoresco.
Le prime testimonianze dell’esistenza di questo castello sono dell’inizio del X secolo, ma purtroppo di esso ne rimane ben poco, solo due lati delle mura e il coronamento del cassero. Anche Lucignano subì le incursioni senesi del 1432 e aragonesi del 1452 e 1478. Il magnifico borgo vive un nuovo splendore dal 1994, quando la famiglia tedesca Schué con una sapiente opera di ristrutturazione ne ha fatto uno dei gioielli del Chianti.
Pare che Tornano fosse già nell’VIII secolo una fattoria longobarda. Di certo sappiamo che alla fine del XII secolo vi abitò un certo Guarnellotto che sorvegliava la strada che vi passa vicino e taglieggiava gli incauti viaggiatori. Dopo aver catturato persino un messo imperiale, il Barbarossa spossessò Guarnellotto dei suoi domini e li concesse a un suo generale. Ma Guarnellotto snobbò il decreto imperiale e persino quando tutto il Chianti meridionale passò sotto la Repubblica Fiorentina, fece sapere che il suo castello sarebbe rimasto in suo possesso e fedele ai Senesi. Questa situazione durò per altri 16 anni, ma, messo alle strette dai Fiorentini, Guarnellotto decise improvvisamente di cambiare bandiera e vendette tutto al Vescovo di Firenze che dette in enfiteusi il castello alla famiglia di Guarnellotto. Questo voltafaccia provocò però le ire dei Senesi che espugnarono Tornano nel 1230 e nel 1251, desiderosi di far pagare ai parenti di Guarnellotto il suo “tradimento”. Così la famiglia decise di trasferirsi definitivamente a Firenze e il castello passò ai Ricasoli.
La pieve romanica di San Polo è rammentata in documenti a partire dalla fine dell’XI secolo. Ma a causa della sua posizione strategica, chiesa, canonica e campanile vennero fortificati dai fiorentini nel corso del XIII secolo. Il campanile, che assunse la funzione di cassero, svolse anche la funzione di torre di avvistamento verso sud. La singolare costruzione venne espugnata durante la guerra del 1478 dagli Aragonesi alleati dei Senesi che una volta stipulata la pace si rifiutarono di rendere la costruzione che terranno in possesso fino al 1483. Sempre in proprietà della famiglia Ricasoli, il castello di San Polo è stato venduto nel 1973 agli odierni proprietari Cesare e Katrin Vanessa che con amore e pazienza hanno restaurato l’intero complesso.